Abstract:
La prima parte dell'elaborato si propone di analizzare il sistema europeo di detenzione per immigrati, dove le procedure amministrative sono state contaminate da quelle penali, conseguentemente ai discorsi nazionalisti sul nesso immigrazione-sicurezza. Pertanto, la logica della "crimmigrazione" ha portato alla detenzione dei migranti irregolari in "zone di esclusione", dove la mancanza di cittadinanza trasforma l'identità in un fattore potenzialmente discriminante. Di fatto, questo ambiente discriminante di genere e razzista rende le donne migranti soggetti particolarmente vulnerabili. Inoltre, le migranti detenute affrontano problemi legati alla salute mentale e fisica che sono specifici di genere, ma che vengono spesso trascurati o mal gestiti. Pertanto, al fine di prevenire i maltrattamenti delle migranti detenute, gli Stati membri dovrebbero sia migliorare le condizioni di vita dei centri di detenzione sia stabilire politiche di immigrazione più sensibili al genere.
La seconda parte della tesi sostiene che la mancanza di sensibilità di genere sia collegata all' "invisibilità" delle donne negli studi sulla migrazione. Sebbene il recente cambiamento del modello migratorio abbia gettato luce sulle esperienze di migrazione delle donne, le politiche degli Stati Membri in materia di asilo non sono ancora abbastanza sensibili al genere. Ad esempio, i casi di persecuzione relativi al genere potrebbero essere motivi insufficienti per il riconoscimento della protezione internazionale in Europa. Pertanto, le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di diventare residenti irregolari, subire maltrattamenti e traumi post-migrazione.
La terza parte della dissertazione indaga quali strumenti giuridici internazionali e regionali in vigore possano contribuire alla protezione dei diritti delle donne in detenzione per immigrati. Così facendo, verranno messi in luce i limiti del meccanismo di protezione dei diritti umani delle donne migranti irregolari. L'analisi si focalizza sul principio di proporzionalità e sulle potenzialità dell’Articolo 5 della Convenzione di Istanbul in merito alla prevenzione della violenza di genere. In conclusione, viene offerta una panoramica dei casi europei (Belgio, Germania e Inghilterra) che hanno implementato pratiche alternative alla detenzione per immigrati. Tali alternative, di natura meno umanamente degradante, possono rappresentare una soluzione ottimale, in quanto eviterebbero la reclusione e le annesse violazioni dei diritti umani dei migranti, pur rispettando l'autorità decisionale dei governi nazionali in merito alle politiche sull'immigrazione.