L'apolidia nell'ordinamento internazionale, la rilevanza della cittadinanza per l'esercizio dei diritti umani

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dc.contributor.advisor Trampus, Antonio it_IT
dc.contributor.author Polato, Margherita <1994> it_IT
dc.date.accessioned 2020-10-13 it_IT
dc.date.accessioned 2021-02-02T09:54:57Z
dc.date.available 2022-06-22T11:46:03Z
dc.date.issued 2020-11-12 it_IT
dc.identifier.uri http://hdl.handle.net/10579/17986
dc.description.abstract La tesi si propone di affrontare il tema dell’apolidia, ovvero la circostanza di vita di coloro che non sono considerati cittadini dalla legislazione di alcuno Stato. Nel corso del Novecento, questo fenomeno ha raggiunto la sua massima manifestazione e ancora oggi si stimano 10 milioni di persone apolidi nel mondo, perché molte legislazioni nazionali sulla cittadinanza prevedono ancora disposizioni discriminatorie: ad esempio, la donna è impossibilitata nel trasmettere la propria cittadinanza al figlio. Più precisamente, la maggior parte delle popolazioni apolidi si sono formate in seguito alla dissoluzione di Stati, ad esempio, dell’ex Jugoslavia o dell’ex Unione Sovietica; oppure, sono persone divenute apolidi in seguito a conflitti armati, ad esempio, originarie dei territori palestinesi occupati da Israele, o dei territori dell’Eritrea e dell’Etiopia. L’apolidia è originata dall'azione dei governi ed è conseguenza dell’organizzazione del mondo in Stati, in cui i confini culturali e politici combaciano; le società umane appartengono allo Stato tramite il legame di cittadinanza. Dunque, l’apolidia s’interseca con il discorso sulla nazionalità. La disciplina della nazionalità è stata da sempre considerata materia di dominio riservato degli Stati, ma a seguito dell’incremento dei flussi migratori e del rafforzamento della tutela internazionale dei diritti umani, la sovranità territoriale è stata erosa; il quadro giuridico per la prevenzione dell’apolidia è stato rafforzato e si è giunti a delineare nuove forme di cittadinanza post-nazionali, non esclusive. Il rapporto tra Stato e individuo si è rovesciato: non è la nazionalità che traccia i limiti giuridici entro i quali i diritti umani sono riconosciuti al cittadino, ma sono i diritti umani che, laddove sono universalmente riconosciuti, impongono allo Stato il superamento della differenziazione tra cittadino e straniero. Per questo motivo, sono sorte nuove forme di appartenenza, post-nazionale o transnazionale. Eppure, la cittadinanza statale non può essere del tutto rimpiazzata dalla cittadinanza globale. L’ordinamento internazionale richiede agli Stati di facilitare l’acquisizione della cittadinanza e di garantire la conservazione proprio di quel genuine link, che ha funzione ausiliatrice, per assicurare l'effettivo esercizio dei diritti e prevenire che qualcuno possa rimanere escluso dall'organizzazione statale. it_IT
dc.language.iso it it_IT
dc.publisher Università Ca' Foscari Venezia it_IT
dc.rights © Margherita Polato, 2020 it_IT
dc.title L'apolidia nell'ordinamento internazionale, la rilevanza della cittadinanza per l'esercizio dei diritti umani it_IT
dc.title.alternative L'apolidia, la rilevanza della cittadinanza per l'esercizio dei diritti umani it_IT
dc.type Master's Degree Thesis it_IT
dc.degree.name Relazioni internazionali comparate it_IT
dc.degree.level Laurea magistrale it_IT
dc.degree.grantor Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati it_IT
dc.description.academicyear 2019-2020_Sessione autunnale it_IT
dc.rights.accessrights embargoedAccess it_IT
dc.thesis.matricno 847858 it_IT
dc.subject.miur IUS/13 DIRITTO INTERNAZIONALE it_IT
dc.description.note it_IT
dc.degree.discipline it_IT
dc.contributor.co-advisor it_IT
dc.provenance.upload Margherita Polato (847858@stud.unive.it), 2020-10-13 it_IT
dc.provenance.plagiarycheck Antonio Trampus (trampus@unive.it), 2020-10-19 it_IT


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