Abstract:
L'influenza profonda del commercio marittimo sulla ricchezza e la forza dei Paesi era stata prevista chiaramente da Alfred Thayer Mahan nelle sue teorie del potere marittimo, secondo cui le potenze marittime avrebbero prevalso su quelle continentali. Non a caso il presidente Xi Jinping ha fatto dell’esigenza di sviluppare l’economia marittima cinese una priorità della sua agenda politica sin dall’inizio del suo mandato. L’implementazione della “Via della seta marittima del XXI secolo” nel 2013 si inquadra quindi nella volontà da parte della Cina di salvaguardare i propri diritti e interessi marittimi e ribadire il proprio status di potenza mondiale agli occhi del mondo. In questo progetto geopolitico, i Paesi del Sud-est asiatico rivestono particolare importanza e l’isola di Formosa è una delle regioni che la Cina vorrebbe includere nell’iniziativa. Taiwan tuttavia è a sua volta motivata a riaffermare il suo ruolo di potenza economica nel continente asiatico al di fuori delle sfere d’influenza cinesi. Per raggiungere questo scopo la presidentessa Tsai Ing-wen ha lanciato l’iniziativa della New Southbound Policy, un progetto indipendente rispetto alla BRI che punta a un consolidamento dei rapporti con i Paesi dell’ASEAN. Questa tesi si propone di far luce sull’opinione pubblica taiwanese riguardo al progetto cinese e di capire se questo sia visto più come una minaccia di interferenza negli interessi della Repubblica di Cina che come un’opportunità, e se la controparte taiwanese possa costituire una valida alternativa a esso. La tesi si avvale di un metodo di tipo qualitativo: dopo aver somministrato un questionario a 100 studenti della città di Hsinchu, i risultati ottenuti fanno emergere una generale diffidenza nei confronti del progetto cinese e un maggior sostegno rispetto alla collaborazione con altri Paesi come l’India e il Giappone. Questo potrebbe portare, in un prossimo futuro, alla creazione di nuove alleanze e a un nuovo equilibrio di poteri nel continente asiatico.