Abstract:
Il Zhongyong è sicuramente uno dei testi classici centrali rispetto all’incontro tra Cina e Occidente. Particolarmente decisive furono le traduzioni dei gesuiti a partire da Michele Ruggieri, Matteo Ricci e successivamente quelle di Prospero Intorcetta raccolte nell’opera Sinarum Scientia Politico Moralis e riedite da Philippe Cpuplet ed altri gesuiti nel Confucius Sinarum Philosophus sive Scientia Sinensis. L’elaborato si soffermerà particolarmente su quest’ultima traduzione tentando di mostrare come la tessitura latina dell’opera sia in realtà frutto dell’incontro e del dialogo tra i gesuiti e il contesto culturale e sociale di epoca Ming. A partire da un’analisi comparativa tra le interpretazioni neoconfuciane del testo e la lettura proposta dai gesuiti si tenterà pertanto di dimostrare come l’uso dei commentari, particolarmente quelli di Zhu Xi e Zhang Juzheng, abbiano esercitato un’influenza determinante sulla lettura e l’interpretazione dell’opera e come questi siano stati decisivi nel definire istanze universali che valessero tanto per il contesto intellettuale e religioso europeo quanto per quello cinese. Attraverso tre temi principali desunti dal testo classico (il giusto mezzo, la coltivazione interiore, spettri e spiriti), si prenderanno in esame non soltanto i concetti chiave e le loro rispettive rese latine ma anche determinate scelte retoriche che riflettono spesso categorie culturali e finalità non sempre necessariamente esplicite.