Abstract:
L’elaborato di tesi muove da una domanda basilare: esiste un relazione reciproca tra il mondo della cultura e quello della salute?
La prospettiva di indagine che mira a comprendere come si sia modificata la concezione e la percezione stessa dei due concetti, si inquadra, però, in una riflessione più ampia volta ad indagare come il crossover tra cultura, salute e benessere possa dar luogo ad effetti sistemici che siano utili allo sviluppo di nuove politiche (definite di welfare culturale) basate sulla generazione di valore immateriale. Parlare di welfare della cultura, infatti, significa inglobare in modo efficace i processi di creazione/disseminazione creativo-culturale in sistema di welfare, affinché possano diventare parte integrante delle strategie di cura e di prevenzione (ovvero dei servizi socio-sanitari e assistenziali) . In questo senso, la salute supera il concetto di malattia inteso secondo una chiave di lettura bio-medicale-scientista e guarda al tema della salutogenesi che racchiude prospettive legate alla salute, alla prevenzione, al benessere, alla qualità di vita, all’invecchiamento attivo, alla disabilità e all’integrazione sociale. Allo stesso modo il sistema delle arti, grazie ad un coinvolgimento attivo dell’audience e a una fruizione sociale e condivisa, diviene un’esperienza capacitante in quanto capace di “discontinuità”, ossia di “rompere” le categorie di senso statiche e pre-costituite per sviluppare nuovi modelli comportamentali attivatori di capabilities individuali e collettive.
Dopo un breve excursus sulle evidenze cliniche positive del rapporto cultura-salute e una valutazione sulle ricadute del welfare culturale nelle politiche pubbliche di differenti Paesi (europei e non), la tesi si rivolge verso casi concreti, sperimentati nel territorio italiano, che possano evidenziare cosa si è fatto e come è stato fatto con il fine di fornire una sorta di "manualetto" che spieghi, agli addetti ai lavori, punti di forza ed eventuali criticità (gestionali e non). In questo ambito si parlerà di realtà virtuose che, grazie al successo delle iniziative e alla loro durata nel tempo, possono arrivare a sancire dei nuovi e reali modelli di pratiche e ridurre definitivamente il gap tra riflessione teorica e realizzazione di attività reali, non episodiche, e consustanziali a processi di cura o di miglioramento della propria percezione di benessere.
In ultima analisi, si cercherà di trarre delle conclusioni che tengano conto delle questioni aperte quali la formazione di nuove figure professionali (a cavallo tra medicina, arti e humanities), la necessità di processi di valutazione costanti e utili a radicare le esperienze e le criticità economiche. Tra le domande conclusive emergono: finanziare interventi culturali attraverso le economie di costo generate da dinamiche di miglioramento del benessere invidiale e sociale può significare, in ultima istanza, un abbattimento dei costi in settori ad esso connessi come quello della salute? Le politiche di welfare culturale possono gettare le basi per nuove tipologie di impresa sociale? Come comunicare in modo coeso ed efficace le buone pratiche? Ad esse l’elaborato mira a fornire una risposta.