Abstract:
Il presente elaborato prende in esame l’Accademia per l’integrazione di Bergamo, un progetto sperimentale di accoglienza attiva nato nel settembre del 2018 realizzato in collaborazione fra il Comune, Caritas, Confindustria locale e la cooperativa Ruah. Il progetto, sebbene proposto e acclamato come innovativo, presenta alcune ambiguità specifiche in quanto viene presentato come alternativa alle politiche di destra e modello da parte del centro-sinistra. L’Accademia si rivela essere in realtà l’altra faccia della medaglia di un pensiero comune e distorto che mira al controllo e all’inclusione subordinata dei migranti. Come si è arrivati a questo? Il presente elaborato si addentra nel panorama delle politiche migratorie e di integrazione attuate in Italia negli ultimi trent’anni. A partire dagli anni Novanta in Italia i temi dell’immigrazione e del diritto d’asilo sono entrati sempre più ferocemente nel dibattito pubblico. La politica ha prodotto negli anni una serie di dispositivi volti a regolare il fenomeno. In particolare, il modello italiano di gestione dei flussi migratori si distingue fin da subito per il suo carattere emergenziale e securitario. Questi tratti accompagnano la gestione dei flussi migratori fino ad oggi e non solo a livello italiano. Le politiche dell’Unione Europea infatti mostrano fin da subito l’obiettivo di voler reprimere i movimenti delle persone che desiderano arrivare in Europa, obiettivo che viene considerato come prioritario in seguito alla cosiddetta crisi dei rifugiati dell’estate del 2015 attraverso la creazione dell’Agenda europea per la migrazione e l’istituzione dei centri hotspot nei territori posti ai confini di alcuni degli Stati membri come l’Italia. L’esternalizzazione delle frontiere e l’istituto del confine sono concetti che combaciano con politiche di questo tipo, come anche l’accordo fra UE e Turchia del 2016 e i partenariati fra Italia e Libia.
Le politiche di ingresso si intrecciano con le politiche civic integration attuate in Italia a partire dal 2006. I migranti una volta arrivati in Italia sono infatti tenuti a integrarsi se non vogliono essere espulsi, ma cosa significa? La civic integration viene proposta non solo come politica incentrata sul rispetto e l’adesione a valori costituzionali e al superamento di test linguistici e civici ma si dimostra essere un dispositivo di disciplinamento morale. All’interno dell’elaborato vengono analizzate le politiche di integrazione civica italiane dalla Carta dei Valori della cittadinanza e dell’integrazione del 2006 fino al Piano nazionale d’integrazione dei titolari di protezione internazionale del 2017 passando per l’Accordo di Integrazione del 2009, dispositivi e documenti creati da governi di destra e sinistra e che presentano molteplici affinità.
È all’interno di politiche di questo tipo, oltre alla diffusione massiccia di discorsi razzisti e xenofobi, che si inserisce l’Accademia per l’integrazione con cui si cerca di promuovere una narrazione che promuove il richiedente asilo come docile e «utile» alla comunità. Il termine integrare è oramai molto simile a quello di assimilare in base anche a una visione culturalista dei soggetti. Le politiche migratorie attuate in questi ultimi anni e l’accoglienza intesa come dispositivo di controllo delle persone hanno comportato la diffusione di una precisa immagine del migrante: un soggetto diverso dagli autoctoni che deve essere civilizzato e «civicizzato», che deve essere in grado di ripagare il debito verso una società buona che lo accoglie.