Abstract:
Nel corso del XX secolo si è compreso come il patrimonio culturale potesse costituire una risorsa per lo sviluppo dell’economia di un Paese. Di conseguenza si è assistito a casi di sfruttamento dei beni culturali che hanno spinto la letteratura critica a parlare di eccessiva mercificazione del patrimonio. Se un bene culturale, considerato merce alla stregua degli altri prodotti sul mercato, venisse sfruttato in funzione del valore d’uso che possiede, si danneggerebbe quello che è il suo valore intrinseco, quell’essenza che Walter Benjamin definisce l’aura di un un’opera d’arte. Su questo tema si analizzano due opposti filoni di pensiero che intendono la reificazione da un lato come un’opportunità per la valorizzazione dei beni culturali, dall’altro come una minaccia per l’autenticità e il suo valore intrinseco.
Attraverso le riflessioni dei filosofi Walter Benjamin, Theodor Adorno e Guy Debord, si approfondisce il legame che unisce arte, merce e industria, analizzando i cambiamenti subiti dall’arte nella società contemporanea. La promozione del culto fantasmagorico per la merce promosso dal capitalismo, l’organizzazione dell’arte attorno al sistema dell’industria culturale e la possibilità di riprodurre meccanicamente un’opera, avrebbero modificato le modalità di percezione e fruizione dell’arte stessa, segnando la perdita del carattere auratico che contraddistingueva le opere d’arte.