Abstract:
Abstract
Il Giappone è una delle poche nazioni sviluppate che, insieme agli Stati Uniti, mantiene in vigore la pena capitale. Circa l’85% della popolazione giapponese è a supporto di tale pratica e la definisce necessaria in alcuni casi. Negli ultimi anni i diritti umani e, nel particolare, la pena di morte sono diventati argomento di forte dibattito e anche il Giappone è stato aspramente criticato su questi temi. L’argomento è stato motivo di discussione in Europa per secoli ed è stato affrontato da studiosi e personaggi illustri quali Cesare Beccaria, Voltaire o Camus. A prendere posizione non sono state solamente organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite o Amnesty International, ma anche la Chiesa e il papa. L’obiettivo di tali enti è una moratoria della pena di morte entro il 2020, in concomitanza con l’apertura dei Giochi Olimpici che avranno sede proprio nella capitale giapponese. La tesi si pone come obiettivo quello di analizzare il fenomeno nonostante l’alto livello di segretezza che coinvolge il dibattito e la scarsità di studi e di interesse da parte del popolo nipponico. Dopo una digressione storica e un confronto con la controparte americana, l’elaborato analizza non solo le modalità con cui essa viene applicata ma anche come si articola il processo giudiziario, le condizioni dei detenuti nel braccio della morte nelle carceri giapponesi e la “crudeltà” di cui il Giappone è accusato. Si farà specifico riferimento all’importanza dell’opinione pubblica, nonostante la cosiddetta “democrazia censurata”, e agli effetti dell’introduzione del sistema chiamato Saiban-in Sedo implementato nel maggio 2009 che vede una giuria di cittadini e di giudici professionisti condurre il processo, determinare la colpevolezza o non colpevolezza dell’imputato e infine imporre la sentenza.