Abstract:
Uno dei fenomeni caratteristici della nostra epoca sul piano politico oltre che su quello eminentemente giuridico, consiste nel profondo ripensamento che sta investendo i principi fondamentali, ma anche i criteri e i modi concreti di gestione dei beni del patrimonio culturale nazionale, sempre più indirizzati verso la collaborazione tra il pubblico e il privato.
Nell’ambito di tale collaborazione volta a realizzare in maniera sempre più economicamente efficiente i programmi di tutela e valorizzazione dei beni culturali, le scelte del legislatore tributario giocano un ruolo di primo piano se indirizzate verso la predisposizione di un trattamento non ordinario che favorisca la conservazione del patrimonio artistico del nostro paese e che sia complementare e coerente con l’implementazione di miglioramento del settore.
Gli interventi dei privati devono essere incoraggiati e un’opzione forte deve giungere sotto il profilo fiscale; infatti, com’è stato autorevolmente sostenuto, “ se da un lato investire in cultura rappresenta ormai per le imprese un investimento jure privatorum produttivo, vero è che gli strumenti e gli abiti mentali sono tali da permettere di verificare in concreto come “l’utile” sia in realtà collettivo ed a vantaggio di tutti sotto un profilo di fruibilità ed accesso al sistema ed ai sistemi culturali” .
La Costituzione pur riconoscendo che la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali dei beni artistici e ambientali sono premesse indispensabili allo sviluppo civile di una comunità che in questi valori ritrova le sue origini e i motivi della sua esistenza, si fa portavoce di un programma di tutela e salvaguardia, nonché di valorizzazione di questo particolare tipo di bene che, per le sue peculiarità è atto a divenire servizio sociale .Il tratto caratterizzante dei beni del patrimonio culturale è infatti, come più volte precisato, proprio il valore che vi è insito e che li rede strumenti di soddisfazione di un interesse pubblico di tipo sensibile, estetico ed intellettuale.
Tale aspetto ha condotto a qualificare questo tipo di bei, sul piano giuridico-teorico come “beni di fruizione” e contestualmente , sul piano politico di gestione, come “merit goods” portando con sé l’esigenza di tutela e valorizzazione. E, poiché essi sono vincolati al principio del necessario perseguimento dei fini della collettività, la salvaguardia e la valorizzazione devono essere implementate attraverso una penetrante ingerenza pubblica.