Abstract:
Il punto di partenza è costituito dalla messa in discussione dell'idea di un soggetto chiuso in se stesso, trasparente e puntuale che, affermando se stesso alla prima persona, è destinato ad oscillare tra oggettivazione ed evanescenza ogni volta che cerca di cogliere se stesso. Le indagini di Ricœur consentono di opporre, all'io delle filosofie del soggetto, una nozione di sé meno forte. Questo viene inteso come una costruzione narrativa che articola due nozioni di identità, la medesimezza e l'ipseità, e mette in evidenza l'instabilità che caratterizza il chi della soggettività. In particolar modo, il sé emerge come tale solo attraverso il rapporto con l'alterità, che gli impedisce di rinchiudersi in una sfera solipsistica. La certezza raggiunta dall'io in prima persona viene così sostituita dall'attestazione che deriva dall'altro, il quale non va tuttavia ridotto all'alterità d'altri. Quel che viene in seguito analizzato, è la pretesa di Ricœur di situarsi in una posizione intermedia tra Heidegger, che disconosce l'alterità dell'altro e finisce per rinchiudere il Dasein nell'immanenza totale, e Levinas, che accentua l'alterità dell'Altro al punto da dissolvere il sé. L'analisi dei testi di Levinas, distanziandosi dall'interpretazione che ne dà Ricœur, si rivela importante non solo per la nozione di ipseità che fa emergere, ma anche perché mette in luce la necessità di pensare la trascendenza come lo stare tra separazione e relazione. La figura del desiderio e quella della sensibilità, che assumono un ruolo centrale, vengono approfondite, insieme alla relazione tra carne e ipseità proposta da Ricœur, grazie alla fenomenologia della carne delineata da Marion. Il fenomeno erotico appare la possibilità ultima dell'individuazione dell'altro, sulla quale si fonda anche l'attestazione dell'amante e la possibilità di dire io, benché in un senso del tutto nuovo.