Abstract:
Il cambiamento della società avvenuto negli ultimi anni in conseguenza al progresso tecnologico, alle sfide demografiche e alla crisi dei valori ha avuto conseguenze anche nel mondo del lavoro. L’organizzazione non è più stabile e standardizzata e i lavoratori si sono fatti portatori di necessità che hanno a che fare con la vita privata.
Più di Vent’anni fa il Consiglio europeo adottò la direttiva n. 104 relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro. Le disposizioni emanate hanno introdotto il concetto di flessibilità: una possibilità vantaggiosa per le aziende di dilatare l’orario di lavoro in base alle necessità di produzione però meno favorevole al lavoratore in quanto la durata della sua prestazione lavorativa aumenta incidendo pesantemente sulla sua salute psicofisica e sulla vita privata.
Nonostante la direttiva sia stata modificata e codificata nel 2003 e si sia sottolineata la volontà di adeguare il lavoro all’essere umano, non è ancora rilevabile un diritto individuale alla conciliazione del tempo del lavoro con i tempi del vivere. Da ciò è possibile sostenere che la legislazione europea ponga al centro esclusivamente l’organizzazione produttiva non riservando attenzione alle esigenze del lavoratore. Da parte dell’Unione europea viene chiarito l’impegno di tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma, attraverso un sistema di deroghe, viene lasciata agli Stati membri la gestione degli orari di lavoro. Da questa circostanza viene assegnato alla contrattazione collettiva il compito di perseguire altre finalità, quali la redistribuzione dell’occupazione e l’aumento del tempo libero lasciato al lavoratore.
L’ordinamento italiano ha adottato la direttiva tardivamente, senza rispettare i termini stabiliti. Nel 2003 venne emanato il Decreto legislativo n.66 il quale finalmente stabilì un limite all’orario che prima trovava base giuridica in una legge emanata durante la Seconda guerra mondiale. Gli interventi in merito alla limitazione dell’orario di lavoro avevano lo scopo di aumentare l’occupazione, non si era considerato il fatto che si potesse anche migliorare la qualità della vita sociale.
Quando si parla di diritto alla conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi di vita si fa riferimento non solo alle necessità di cura dei famigliari ma anche ad altre necessità legate al tempo libero: esempi emblematici sono i congedi parentali e i permessi studio. Bisogna ammettere che il legislatore italiano è intervenuto con alcune leggi ad hoc che tutelano e garantiscono questo diritto. A questo proposito sono state prese in considerazione due realtà in contrasto tra loro: la liberalizzazione dell’orario di apertura delle attività commerciali e i benefit aziendali; ovvero da una parte l’aspetto economico che prevale sul lato umano, mentre dall’altra, l’organizzazione politico aziendale che si armonizza con la persona e le sue necessità.