Abstract:
In questo elaborato viene analizzato il Kaidan nel cinema horror giapponese dagli anni ’50 agli anni ‘70. L’analisi viene compiuta attraverso i film più noti del periodo, toccando le varie tematiche affrontate in questo lasso di tempo, che vanno dal teatro classico alle varie critiche sociali.
In primis viene citata la figura di Nobuo Nakagawa, regista cardine del movimento cinematografico dello psycho-horror, ai cui si ispireranno successivamente molti altri registi sia in Oriente che in Occidente. Viene messa in luce la presenza della derivazione folkloristica delle storie narrate unita ad elementi psicologici in film come “Kaidan Kasane ga Fuchi”, “Borei Kaibyo Yashiki”, “Tokaido Yotsuya Kaidan” e “Jigoku”.
Viene poi affrontata la dicotomia cinema-letteratura, con influenze dal teatro Kabuki e No, dove si assiste a pellicole che grazie al loro ibridismo riescono ad ottenere premi di rilevanza internazionale per la prima volta in Giappone. Di particolare rilevanza sono le opere “Kwaidan” e “Ugetsu Monogatari” nelle quali si fondono egregiamente tradizione e innovazione.
In seguito, si approfondisce il cinema horror in relazione agli eventi catastrofici avvenuti a causa delle esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki. Viene evidenziato come il cinema horror si unisce agli altri generi filmici nella denuncia e condanna degli avvenimenti, primi su tutti sono “Gojira” e “Onibaba” a farsi portavoce di questi eventi.
Infine, viene inserito un capitolo riguardante il ritorno del genere horror classico negli anni ‘90, dimenticato negli anni ’80 per lasciare spazio al gore e allo splatter. Analizzando “Ringu” e “Ju-On” si ripercorrono gli elementi classici ritornati in auge e si sottolineano i nuovi temi affrontati, come la denuncia della condizione della donna nella società.