Abstract:
Nell’odierno contesto socio-economico, culturale e politico della Cina a cavallo fra un lungo periodo di crescita economica e il riconoscimento dello status di nuova grande potenza mondiale, il linguaggio della diplomazia ha subito profonde trasformazioni. Quest’ultime sono dovute al mutato atteggiamento della Cina in ambito internazionale: lasciato alle spalle il periodo di “celare la propria forza”, con Xi Jinping si è data inizio a una “nuova era” per il socialismo con caratteristiche cinesi, un’era in cui la Cina si dichiara pronta a prendere una posizione di comando. La rinnovata ambizione cinese in Asia e nel mondo è supportata dalla recente diplomazia della “comunità umana dal futuro condiviso” (Community of Common Destiny, CCD). Un concetto volubile utilizzato sporadicamente dai suoi predecessori viene rielaborato da Xi Jinping e annunciato alla sede della Nazioni Unite in veste ufficiale nel settembre 2015. Da quel giorno, la “comunità umana dal futuro condiviso” è diventata lo stendardo ideologico dell’intraprendenza cinese all’estero. Come disse Confucio, “Chi non è in grado di capire le parole non è in grado di capire gli uomini”. Il presente studio si propone di indagare le caratteristiche culturali, filosofiche e politiche che costituiscono questa nuova retorica cinese, così come le motivazioni che soggiacciono all’adozione di un linguaggio “cinesizzato” delle relazioni internazionali nella sua essenza più celata e meno palese, cionondimeno presente in tutta la sua particolarità per chi è in grado di leggere fra le righe della consueta vaghezza del linguaggio propagandistico cinese.