Abstract:
La domanda di ricerca è nata dallo “scandalo” rappresentato dalle migliaia di uomini e donne che vivono nella Zona contaminata di Černobyl’ ignorando i programmi di evacuazione, o che tornano ad abitarvi eludendo i divieti. Questa tesi, frutto di un fieldwork di quattro mesi in Ucraina (Polesia centrale), vuole essere un tentativo di rispondere al quesito antropologico che questa scelta implica, andando al di là delle spiegazioni contingenti e dei dogmi biomedici, e attingendo direttamente – per quanto possibile – all’orizzonte valoriale delle comunità poleščuk. Il paesaggio della Polesia ucraina rappresenta la “cristallizzazione” geografica della cultura poleščuk, ed è anche una chiave di lettura privilegiata per la sua comprensione. A partire dall’antropologia dello spazio, in questa tesi affronto alcune questioni che consentano di accedere all’esperienza di Černobyl’ dal punto di vista dei nativi: il disastro come evacuazione, il rapporto fra concetti nativi di “patria” (bat’kivščina) e di “deserto” (pušča), le emozioni di “nostalgia” (tuha) e di “perdita” (vtrata), il repertorio poetico e artistico poleščuk sul tema del disastro. Si arriverà anche ad analizzare le dinamiche sociali ed economiche del dopo-Černobyl’ e le strategie culturali di sopravvivenza messe in atto dalle comunità poleščuk nel complicato contesto sociale dell’Ucraina postsovietica.