Abstract:
Nel senso comune spesso si tende a utilizzare i termini sesso e genere come sinonimi ma in realtà essi indicano due concetti differenti ma connessi tra loro, che comprendono le caratteristiche biologiche degli individui e li identificano come maschio o femmina, e le dimensioni sociale e culturale che, attraverso determinati comportamenti, atteggiamenti ed esperienze condivise, forniscono valore al sesso e determinano le differenze tra uomo e donna. (Priulla, 2013)
Alla nascita, il maschio e la femmina si distinguono per il fatto di possedere determinati attributi sessuali differenziati; crescendo, grazie al processo di socializzazione, maschi e femmine acquisiscono regole di comportamento, modi di interagire e comunicare, modelli e ruoli che determinano l’appartenenza sessuale secondo i valori trasmessi in quel momento e in quel determinato contesto dalla cultura e dalla società. Quindi la natura definisce se siamo maschi o femmine, ma è la società con le aspettative sociali e culturali, che attribuisce un significato a questa differenziazione e stabilisce i criteri, gli atteggiamenti per essere uomini o donne. La femminilità e la maschilità non sono esclusivamente stabilite dalle caratteristiche fisiche e biologiche, ma rivestono una fondamentale importanza la cultura e l’educazione. La costruzione dell’identità sessuale si avvia attraverso l’assegnazione ad una precisa categoria sessuale in base all’aspetto dei genitali esterni come maschio o femmina. Tale riconoscimento è la genesi sulla quale andrà ad innestarsi il processo di apprendimento dell’identità di genere.» (Ruspini, 2004, p.88)
Nella prima parte di questo elaborato proverò ad illustrare brevemente le differenze tra uomini e donne, i percorsi di formazione dell’identità di genere definiti grazie al processo di socializzazione realizzato dai vari agenti quali la famiglia, la scuola ed i mass media, evidenziando come gli stereotipi di genere siano radicati nella nostra cultura e vengano riproposti, spesso inconsciamente, nella quotidianità. Le differenze di genere condizionano gli individui già nella prima infanzia, influenzando il modo di pensare, di scegliere e agire: bambini e bambine vengono spinti a confrontarsi e ad assimilare il modello più consono al proprio genere. Dalla nascita inizia un percorso prestabilito e separato in due binari differenti in base al genere, non ci sono alternative e non si ammettono situazioni equivoche per non correre il rischio di essere derisi ed esclusi dalla società.
Nella seconda parte, invece, focalizzerò l’attenzione sugli aspetti di genere nell’ambito della disabilità. In particolare andrò a delineare brevemente la figura della donna disabile come portatrice di una doppia discriminazione: quella relativa al genere e quella relativa allo stato di salute. Questo comporta spesso l’esclusione delle donne disabili nella vita sociale soprattutto in termini di opportunità alla conquista dell’autonomia e alla vita indipendente. Un’inferiorizzazione della donna disabile che si avvia inconsciamente nel processo di costruzione dell’identità della donna con disabilità, già nei primi anni di vita e prosegue nell’ambito scolastico, lavorativo, nelle relazioni e in tutti gli aspetti della quotidianità. Pregiudizi e stereotipi sono talmente radicati che perfino le donne disabili faticano a percepirsi come qualcosa di diverso, di altro rispetto alla loro disabilità, questo a scapito delle loro potenzialità e della possibilità di raggiungere un livello sufficiente di autonomia. Nell’ultimo capitolo ho proseguito il discorso prendendo in considerazione la questione della violenza di genere contro le donne disabili, delineandone forme, caratteristiche e aggravanti dovute proprio alla disabilità. Come filo conduttore dell’intero elaborato troviamo l’aspetto culturale, le immagini mentali e gli stereotipi diffusi nella società che difficilmente si riescono a modificare.