Abstract:
Nell’ambito della legislazione fallimentare italiana la tutela dei creditori risulta da sempre al centro degli scopi di tale disciplina, che assicura un equo riconoscimento quantitativo e qualitativo delle loro pretese, muovendo dal fondamentale principio della par condicium creditorum.
In via interpretativa, la tutela è assicurata ai creditori riconoscendo loro un ruolo costantemente attivo per tutta la durata delle procedure, attraverso la disposizione di strumenti per far valere i propri diritti e finalizzati ad evitare che subiscano passivamente le conseguenze innescate dalla situazione di dissesto del debitore.
Ad integrazione di quanto previsto dalla legge fallimentare anche la normativa tributaria ha riservato un occhio di riguardo al trattamento fiscale di tali crediti, disponendo che taluni meccanismi, nella particolare fattispecie concorsuale, operino in un modo per certi versi agevolato. Lo scopo di tali strumenti è di ovviare alle situazioni di sbilancio economico-patrimoniale che si verificano in capo ai creditori del debitore assoggettato a procedura concorsuale, quale complemento e integrazione del sistema di tutele già previste dalla normativa fallimentare. Il riferimento è a due particolari norme del nostro codice tributario inerenti la deducibilità delle perdite su crediti e la nota di variazione IVA, le quali, pur riservando un’operatività apparentemente agevolata di tali strumenti nella fattispecie in esame, non mancano tuttavia di creare, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, numerose incertezze interpretative e applicative alla cui comprensione è rivolto il presente lavoro.