Abstract:
Nel panorama generale delle magistrali di argomento letterario possiamo riscontrare cinque importanti “correnti” di studio:
- Quella di matrice letteraria, rappresentante il 38% della totalità dei corsi e figurantesi come la più cospicua, che si caratterizza in particolare per uno studio bibliografico di matrice critica delle fonti, caratterizzato da un impronta fortemente storica.
- Quella di matrice filologica, rappresentate il 37% della totalità dei corsi, dove ci si concentra sullo studio del documento librario o papirologico e ci si focalizza sul testo per far sii di ricavare il documento più fedele possibile all’originale,
- Quella di matrice linguistica, rappresentante il 19% della totalità, dove ci si concentra sullo studio della lingua italiana per quanto concerne la sua formazione storica e contemporanea, con i suoi mutamenti che la caratterizzano nel tempo.
- Quella incentrata sulla produzione, quindi produzione scritta, soprattutto giornalistica e teatrale – cinematografica. Che è rappresentata da appena il 4% dei corsi.
- Quella archivistica, rappresentata da appena il 2%, che si concentra sulla conservazione dei testi e sulla biblioteconomia.
È interessante a questo punto valutare come il digitale si manifesti in ciascuna di queste correnti di studio e dove in particolare sia più presente fra tutte. Infatti, sebbene i corsi letterari, filologici e linguistici rappresentino la percentuale di gran lunga più diffusa dei curriculum di matrice umanistica, sono quelli che possiedono meno corsi digitali in assoluto: appena 85 corsi di matrice informatica su un totale di 91 magistrali, quindi mediamente ne ce n’è uno ogni due corsi. Invece i percorsi imperniati sulla produzione giornalistica e teatrale e quelli archivistici ne possiedono ben 23 su totale di 6 magistrali, quindi mediamente 5 esami digitali a corso.
Ciò rende manifeste sicuramente due realtà, la prima è che si concepisce l’umanista prettamente come uno studioso di testi letterari e come filologo piuttosto che come archivista o come produttore di testi fruibili in svariate maniere, dal libro al giornale. Il laureato in lettere si ritroverà ad avere le competenze per poter fare un lavoro imperniato sullo studio del testo antico, della lingua o sulla didattica.
La seconda è che il digitale non è presente in maniera diffusa e ben radicata nella maggior parte dei percorsi didattici poiché si concentra proprio in quelle discipline che si manifestano più di rado nelle università. Chi sceglie un percorso archivistico o giornalistico rappresenta la minoranza dei laureati, eppure sono coloro che hanno più competenze digitali degli altri.
Un’altra fondamentale informazione può essere ricavata analizzando il settore disciplinare di questi corsi.
Il settore disciplinare di un esame è il codice che ci informa su quale siano gli argomenti base dell’insegnamento delle lezioni, e anche su che competenze abbiano i professori che si occupano di insegnarne il corso.
Ora, nonostante il numero di esami digitali possa non sembrare poi così infimo, pochissimi corsi hanno un settore disciplinare assimilabile all’informatica o all’ingegneria informatica, appena 16 su 76 corsi.
Come possiamo evincere dalla tabella e dal grafico qui riportati, molti dei corsi non ha affatto un settore disciplinare, e fanno parte di quelle competenze aggiuntive chiamate “idoneità”, che dovrebbero aggiungere alla preparazione di base dello studente un’infarinatura in più riguardo le competenze informatiche e linguistiche:
Circa il 50% dei corsi sono assimilabili a settori disciplinari di matrice letteraria, filologica e linguistica oppure, alla stessa stregua, sono considerati idoneità senza settore disciplinare. Il restante 50% circa si divide fra un 30% di corsi attinenti alle più svariate discipline, dalla sociologia alla storia all’arte, e un 20% di corsi effettivamente informatici o ingegneristici.