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La metafora è una figura del linguaggio che consiste nel descrivere un oggetto mediante le caratteristiche di un secondo oggetto sostanzialmente differente. Aristotele ne da una definizione precisa nella sua Poetica: «Metafora è l’imposizione di una parola estranea, o da genere a specie, o da specie a genere, o da specie a specie o per analogia». .
Paul Ricoeur, nel primo degli otto studi contenuti nel suo lavoro intitolato La metafora viva e pubblicato nel 1975, vede in questa definizione aristotelica il nucleo della concezione occidentale della metafora: un gioco linguistico che si situa a livello della parola. Per Ricoeur, questa lettura limita la potenza della metafora e ne segna il declino che la porta ad essere considerata come una denominazione deviante, un utilizzo di termini impropri che si allontana dalla verità oggettiva, poiché fondata sull’inesattezza.
La metafora, nel senso comune, è infatti intesa come una figura retorica, particolarmente utilizzata in ambito poetico e letterario, che ha quindi una funzione quasi esclusivamente esornativa.
Lakoff e Johnson, nel loro lavoro, pubblicato nel 1980 e intitolato Metafora e vita quotidiana, propongono una teoria della metafora in netta contrapposizione con la concezione comune.
A loro avviso, la metafora sta alla base del sistema cognitivo umano; è un elemento fondamentale, anche se non l’unico, del nostro modo di organizzare i concetti e la conoscenza, oltre che di esprimerci e agire.
Secondo i nostri autori, la metafora è uno strumento parziale capace di esprimere verità, anch’esse parziali, e comprensibili in relazione alle categorie utilizzate dal soggetto che pensa, si esprime e agisce metaforicamente.
La tesi intende indagare criticamente quest'ultima asserzione, avvalendosi dei contributi di alcuni autori tra cui, il già citato Ricoeur, Max Black, Hans Blumenberg e Virgilio Melchiorre. |
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