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Quando dei genitori guardando il proprio figlio capiscono che c’è qualcosa che “non va” ritrovandosi a far i conti con la sua disabilità, le “certezze” crollano, la vita subisce una vera e propria “rivoluzione” nella quale si è chiamati ad affrontare una realtà “sconosciuta” dove il sentimento di sentirsi “persi” prende il sopravvento, e l’unico appiglio alla quale affidarsi è il mondo della medicina.
Ed è stato proprio questo che la famiglia di E., la protagonista di quest’elaborato, ha fatto dopo essersi trovata di fronte a quella “maledetta” diagnosi, deficit dell’enzima succinico semialdeide deidrogenasi (SSADH) che aveva portato alla figlia ad avere problemi a livello cognitivo, con un ritardo mentale medio-lieve, e a livello linguistico, sia in produzione sia in comprensione.
Questa fiducia riposta a chi ne “sapeva di più” aveva dato inizio ad un “eterno” calvario dove le strade intraprese non portavano mai a una via d’uscita e la bambina rimaneva sempre più intrappolata nel suo mondo “silenzioso” fatto di gesti primitivi accompagnati da qualche frammento di comunicazione verbale, composta da suoni e qualche parola, comportamenti non adeguati che manifestavano il costante sentimento di inadeguatezza causata della sua gran voglia di comunicare bloccata da questa sua incapacità.
Ed è stato proprio il bisogno di comunicare che mi ha permesso di incontrare E., una ragazzina di quasi 11 anni, alta, esile con un visino coperto da una “maschera” chiamata insicurezza che aveva subito tolto appena capito che la comunicazione segnica era per lei un “porto sicuro” poichè le avrebbe dato finalmente la possibilità di aprirsi al mondo esterno. Infatti, dopo molteplici tentativi falliti, la famiglia aveva deciso di darsi un’ulteriore chance scegliendo di intraprendere un nuovo cammino che appariva ancora più ignoto rispetto agli altri intrapresi in passato dove, per l’ennesima volta, bisognava rimettersi in gioco imparando una nuova lingua, la Lingua dei Segni, base fondamentale che avrebbe permesso di sostenere lo sviluppo del linguaggio verbale sia a livello espressivo sia a livello ricettivo, lo sviluppo cognitivo e, non meno importante, la possibilità per la bambina di avere in “mano” un vero e proprio strumento di comunicazione, filo conduttore di quest’elaborato che sarà diviso in quattro capitoli.
Nel primo capitolo, prima, spiegherò che cos’è la Lingua dei Segni Italiana, LIS, e descriverò nel dettaglio i sui aspetti fonologici, sintattico-morfologici e lessicali; successivamente verranno trattati nello specifico l’Italiano Segnato, IS, e l’Italiano Segnato Esatto, ISE, che poi saranno messi a confronto con la LIS; nel secondo capitolo verrà descritto il processo di acquisizione del linguaggio verbale seguito da un approfondimento relativo alle abilità linguistiche e competenze sociali in soggetti con disturbi del linguaggio e deficit cognitivo per poi affrontare l’argomento relativo all’uso della Lingua dei Segni nei disturbi di comunicazione; nel terzo capitolo descriverò il caso clinico; infine, nel quarto racconterò il percorso di lavoro svolto assieme ad E., da giugno 2013 a giugno 2014, nel quale mostrerò le varie tappe attraversate partendo dal momento in cui ho fatto conoscenza con la bambina, la creazione di fiducia reciproca, il primo approccio di quest’ultima con la comunicazione segnica e le sue prime conquiste comunicative permettendole così di arrivare a raggiungere il gradino più alto di questo cammino, cioè quello di diventare “grandi”: utilizzare la comunicazione segnica per sostenere lo sviluppo della comprensione, produzione verbale-segnica e abilità cognitive. |
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