Abstract:
Questo elaborato nasce con l’intento di analizzare le relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Repubblica di Cina, con particolare attenzione al periodo che va dal trasferimento del governo nazionalista cinese sull’isola di Taiwan, all’interruzione dei rapporti diplomatici formali tra i due paesi. La ricerca presenta delle difficoltà fin da subito, in quanto il materiale bibliografico che tratta dell’argomento è molto limitato. Il primo capitolo dell’elaborato ha lo scopo di compilare una rassegna dei pochi scritti che trattano delle relazioni tra l’Italia e la Repubblica di Cina. Un fattore ricorrente durante la ricerca bibliografica è la prevalenza di testi riguardo la Repubblica Popolare Cinese rispetto alla Repubblica di Cina. Tra queste due entità governative è sicuramente la prima a catalizzare la maggior parte dell’interesse accademico e di ricerca.
Il secondo capitolo è dedicato ad una rassegna storiografica dei maggiori eventi storici che hanno contribuito a creare e modellare le relazioni tra i due Paesi. Il periodo preso in considerazione va dall’inizio del Novecento, all’ammissione della repubblica Popolare Cinese alle Nazioni Unite. L’analisi storica permette di capire perché le relazioni tra i due paesi non ricoprivano un ruolo di importanza primaria, ma solo accessoria. Dal punto di vista di ognuna delle due parti erano altre le relazioni e le alleanze che interessavano il cuore delle politiche estere di ciascuno dei due paesi. Per la Repubblica di Cina a Taiwan il Giappone e gli Stati Uniti erano gli alleati fondamentali. Gli Stati Uniti giocarono un ruolo fondamentale anche per la politica estera italiana, di cui condizionavano le scelte tramite il sistema di alleanza del Patto Atlantico. L’influenza statunitense nella politica estera italiana è particolarmente evidente in relazione alle intenzioni del governo italiano di riconoscere ed intrattenere relazioni formali con il governo comunista della Repubblica Popolare Cinese. Il terzo capitolo analizza la reazione del governo nazionalista cinese alla normalizzazione delle relazioni tra Roma e Pechino. Di fatto, il governo della Repubblica di Cina a Taiwan decise, applicando la dottrina Hallstein, di interrompere immediatamente i rapporti con l’Italia e di richiamare l’ambasciatore taiwanese a Roma. La reazione del governo di Taipei offre un’interessante spunto di ricerca per la politica estera della Repubblica di Cina a Taiwan. Se i primi riconoscimenti che il governo di Pechino ottenne portarono il governo nazionalista cinese a seguire una politica estera inflessibile, che comportava l’immediata interruzione delle relazioni diplomatiche con questi paesi, i casi del riconoscimento della Repubblica Popolare da parte degli alleati principali di Taipei non provocarono le stesse reazioni. La perdita del riconoscimento diplomatico, degli Stati Uniti in particolare, costrinse Taipei a revisionare la sua politica estera. La dottrina Hallstein verrà abbandonata per seguire una diplomazia più flessibile e pragmatica. D’altronde seguire questa linea politica aveva portato Taiwan all’isolamento diplomatico. Per sopravvivere sulla scena internazionale, il governo della repubblica di Cina iniziò scelse di seguire una diplomazia informale, largamente basata sul settore privato. Questo non solo permise al governo nazionalista a Taiwan di continuare ad esistere come entità separata e distinta dalla Cina continentale, ma fece anche di Taiwan una potenza economica. Oltre allo sviluppo economico il governo di Taiwan continuò a cercare di ottenere riconoscimenti formali, dagli Stati come dalle organizzazioni internazionali.