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Lo sviluppo tecnologico dell’ultimo ventennio ha consentito il superamento dei confini spazio temporali, abbattendo così le distanze geografiche e gettando le basi per la formazione di un villaggio globale in grado di annullare le specificità culturali. Tuttavia, nonostante una superficiale omologazione, differenze nella modalità di comunicazione e di espressione, di approccio e di risoluzione ai problemi continuano a rappresentare un consistente ostacolo nelle relazioni tra gli individui, suggerendo la presenza di aspetti peculiari, immuni alla forza unificatrice della globalizzazione.
Con l’aumento delle interazioni su scala mondiale, tale dibattito si è esteso a diversi ambiti, divenendo centrale anche nella sfera del commercio internazionale. In seguito ai numerosi cambiamenti in atto, molte aziende hanno visto nell’espansione oltre confine l’unica possibilità di sopravvivenza, incontrando però non poche difficoltà nel comunicare con partner, clienti e consumatori stranieri. Differenze nella modalità di percezione della dimensione temporale, di comunicazione, di espressione delle emozioni e di gestione dei rapporti personali, così come differenze nelle priorità e negli stili di vita, influenzano inevitabilmente le necessità, il comportamento e le decisioni degli individui, costituendo una barriera alle negoziazioni e alla vendita dei prodotti all’estero.
Con l’obiettivo di facilitare la comunicazione interculturale ed agevolare le aziende nel processo di internazionalizzazione, nella seconda metà del ventesimo secolo, numerosi studiosi hanno offerto il proprio contributo attraverso l’elaborazione di modelli specifici che consentono di categorizzare le diverse culture-nazioni sulla base di un sistema di valori condiviso. Tali teorie hanno fornito la chiave per il successo a numerose aziende intenzionate ad ampliare la propria attività. Tuttavia, negli ultimi decenni, sono state oggetto di critiche, in quanto promotrici di una visione eccessivamente stereotipata e semplificata, incapace di rendere giustizia alle molteplici sfaccettature che caratterizzano il complesso panorama del ventunesimo secolo.
In tale contesto si inserisce il presente elaborato, il quale mira a fornire degli spunti di riflessione che consentano di superare una visione essenzialista in favore di un approccio critico cosmopolita. Pertanto, viene messa in discussione la possibilità che, all’interno di un panorama soggetto a forze politiche, economiche e sociali in costante movimento, la cultura possa ancora essere concepita come un elemento statico, circoscritto ai confini geografici. Al contrario, si suggerisce la necessità di adottare una prospettiva più ampia, caleidoscopica, che valorizzi la ricchezza e la varietà che caratterizza ciascun individuo. Nel fare ciò, non si intende negare completamente l’omogeneità apportata da un sistema educativo, legislativo o linguistico diffuso su base nazionale bensì porre l’accento sull’incremento di flussi globali che ha favorito l’interpenetrazione delle culture contribuendo alla formazione di identità ibride, trascendenti confini etnico geografici. Tale approccio rende difficile la previsione del comportamento degli individui sulla base della nazione di provenienza la quale, nei modelli tradizionali, è identificata da valori prestabiliti. Tuttavia, rappresenta un’immagine più veritiera, specchio di una realtà estremamente complessa.
La presente riflessione può essere estesa a svariati ambiti. L’ elaborato però focalizza l’attenzione sull’aspetto commerciale e, nello specifico, prende ad esempio il mercato del vino italiano in Giappone, settore attualmente in espansione.
Obiettivo ultimo resta quello di offrire alle aziende uno spunto di riflessione per l’adozione di una nuova prospettiva, priva di semplicistiche categorizzazioni, in grado di favorire la gestione delle relazioni con i propri partner commerciali, clienti e consumatori. |
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