Abstract:
Il lavoro intende studiare, dal punto di vista tipologico e formale, gli esemplari di acquasantiere romaniche nel territorio gravitante intorno ai laghi lombardi, lungo gli odierni confini tra Lombardia, Piemonte e Canton Ticino.
Si tratta di una classe di materiali rimasta perlopiù ai margini degli interessi della letteratura critica, ad oggi manchevole di una classificazione sistematica. Benché siano state individuate alcune principali categorie, i venticinque pezzi schedati all'interno del catalogo in oggetto, pur nei limiti geografici e cronologici fissati, rivelano innanzitutto una grande varietà tipologica, particolarmente aperta al reimpiego di manufatti con diversa primitiva funzione. Ma consentono altresì di osservare come l’acquasantiera si configuri talvolta quale testimone di un linguaggio scultoreo che riflette una "cultura di banda larga", secondo la definizione di Silvana Casartelli Novelli, che supera gli odierni confini nazionali. Il dato assume particolare significato allorché si valuti la “marginalità” che contraddistingue questa tipologia di suppellettile che, quantunque parte dell’arredo fisso della chiesa, appare priva di una vera e propria regolamentazione all’interno delle fonti medievali di argomento liturgico, che tacciono altresì dell’uso rituale ad essa legato. Benché si possa pertanto parlare di un prodotto minoritario nel contesto dell’arredo sacro, non mancano saggi di alto livello qualitativo, che si legano ai più aggiornati esercizi della plastica scultorea a nord e a sud delle Alpi.