Abstract:
I flussi migratori che negli ultimi decenni hanno interessato l’Italia hanno comportato, tra l’altro, una progressiva crescita, nel nostro paese, del numero di cittadini di fede islamica.
Ne è derivata l’ampia diffusione, sin dagli anni settanta, di associazioni musulmane della più svariata natura, ma aventi in genere finalità cultuali, il cui inquadramento giuridico presenta aspetti di ambiguità.
I rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni religiose acattoliche, infatti, sono ancora regolati dalla legge n. 1159 del 24 giugno 1929, che resta in vigore per le confessioni religiose, tra le quali l’Islam, prive di un’intesa con lo Stato italiano ex art. 8 comma 3 della Costituzione.
In presenza di tali disposizioni, che mal si adattano al contesto odierno, le associazioni islamiche hanno adottato forme giuridiche atipiche rispetto a quelle previste per l’associazionismo con fini religiosi, rifacendosi ad impropri istituti del diritto civile, che di fatto mimetizzano la loro reale finalità di culto.
Constatata l’inerzia del legislatore sulle tematiche della libertà di religione nel contesto odierno, in questo elaborato si intende approfondire se alle ambigue forme giuridiche sinora diffuse nell’associazionismo musulmano sia preferibile l’istituto della fondazione che, trovando un corrispettivo nell'istituto giuridico islamico del waqf, potrebbe fornire risposte concrete alle esigenze delle comunità musulmane italiane.
Un’indagine sull’associazionismo islamico nella città di Livorno permetterà di valutare concretamente quanto esposto e di raccogliere le opinioni di alcuni osservatori privilegiati in merito alle soluzioni proposte.