Abstract:
Analizzare le mascolinità ,ossia le peculiarità che contraddistinguono i maschi , con le quali si autoidentificano e vengono identificati in quanto esseri sessuati e nel processo storico di inculturazione , significa condividere il riposizionamento delle esperienze maschili nella propria parzialità di genere al fine di conferire alla realtà “umana” una valenza inclusiva che consideri gli uomini soggetti attivi della propria storia e non più degli human beings ,attori neutri, asessuati, appartenenti alla categoria di genere privilegiata ,connotata da un’astratta umanità.
La narrazione storica dominante ha prediletto non solo i maschi, ma il maschio, un ideale di mascolinità e virilità proposto come valore universale e destinato a svolgere un ruolo vitale nell’ascesa del nazionalismo moderno. E’ proprio dall’impostazione di un modello maschile egemonico che muove l’elaborazione di riflessioni critiche sulla pluralizzazione della mascolinità. Nonostante il richiamo della “patria” volto alla costruzione dello stereotipo maschile nazionale a cui sono accorsi moltissimi uomini in cambio di uno spicchio di eternità[1], tale ideale è stato profondamente permeato dalle influenze esercitate dai mutamenti sociali , determinando differenti e molteplici declinazioni della mascolinità.
In questo elaborato esplorerò alcune di queste sfaccettature che si definiscono nelle esperienze individuali e di gruppo e le forme di gerarchizzazione intimamente intrecciate con l’identità nazionale, una questione di riconoscimento. Ne emergono indubbiamente mascolinità egemoniche e mascolinità marginali.
[1] GEORGE L. MOSSE, Sessualità e nazionalismo, Editori Laterza, Bari, 2011, p. 10.