Abstract:
Il seguente lavoro riprende il dibattito sul neoliberismo e sui differenti modelli economici che interessano i paesi in via di sviluppo. Riguardo a quest'ultimo punto, salta certamente all'occhio l'inarrestabile successo avuto dalle cosiddette "tigri asiatiche", e in generale dalle economie dell'Asia orientale, all'interno del nuovo sistema economico globalizzato che è venuto a formarsi a partire dalla fine degli anni settanta. Questa parte di mondo è stata ed è tuttora considerata da molti come un modello vincente per la sua capacità di attrarre investimenti a livello internazionale e per l'alto grado di liberalizzazione della sua economia di mercato. Nell'estate del 1997, tuttavia, diversi paesi asiatici dovettero ricorrere a un prestito del Fondo Monetario Internazionale proprio per risanare gli squilibri derivati da una eccessiva quantità di investimenti.
Dopo aver ripercorso i principali eventi storici che hanno contribuito a stabilire il sistema economico e monetario oggi dominante, verranno analizzate le ripercussioni di questo processo sul mondo della finanza e sulle politiche del Fondo Monetario Internazionale, esponendo inoltre il concetto di "Post-Washington Consensus". Nel secondo capitolo, invece, saranno prese in esame alcune delle teorie più quotate per quanto riguarda le crisi finanziarie occorse di recente nei paesi in via di sviluppo. Nel terzo capitolo, infine, queste teorie verranno applicate al caso asiatico, mettendolo di fronte al dibattito scientifico dell'epoca.
Vedremo innanzitutto che la crisi asiatica non segue lo stesso copione delle precedenti crisi finanziarie, e che il dibattito in merito alle sue cause segue almeno tre differenti scuole di pensiero.
Per concludere, ripercorreremo gli eventi fondamentali che hanno portato allo scoppio della crisi, concentrandoci sul ruolo dei governi e del Fondo Monetario Internazionale prima, durante e dopo la crisi. Nello specifico, andremo ad analizzare l'impatto dei programmi di aggiustamento strutturale del FMI sui tre paesi maggiormente colpiti (Thailandia, Indonesia, Corea), associabili al cosiddetto "modello di sviluppo ad alto rapporto tra debito e capitale", così come definito da Wade e Veneroso. Vedremo che è proprio sul tema delle liberalizzazioni finanziarie che si concentra lo scontro ideologico e politico tra gli organi di Bretton Woods (rappresentativi del modello di sviluppo unico a guida anglo-statunitense) e i governi asiatici colpiti dalla crisi, considerati tutto ad un tratto inefficienti e corrotti. Il fine ultimo sarà quello di stabilire se, nel caso della crisi asiatica, si abbia assistito a un fallimento delle politiche pubbliche oppure a un fallimento dei mercati finanziari.
Nel primo caso, bisognerebbe spiegare come mai il tracollo sia potuto accadere tutto ad un tratto, dal momento che i paesi maggiormente colpiti avevano fino a pochi anni prima della crisi dei tassi di crescita tra i più elevati al mondo, oltre a possedere in generale un buon equilibrio macroeconomico. Nel secondo caso, verrebbe da chiedersi come mai alcuni paesi siano stati colpiti più duramente di altri. Se è vero che nell'era della globalizzazione è impossibile rinnegare l'importanza del libero mercato, è altrettanto vero che, come insegna l'esperienza delle crisi finanziarie, il ruolo dello stato è fondamentale nel bilanciare il rischio di un eccessivo spostamento di fondi domestici nei conti delle banche e degli operatori privati stranieri. In questo senso, il modello asiatico sembra essere comunque riuscito a cogliere i più grossi vantaggi dalle dinamiche economiche del neoliberalismo, riuscendo al tempo stesso ad evitare i rischi di una eccessiva vulnerabilità finanziaria.