Abstract:
All’inizio del XVII secolo, nei trenta monasteri siti tra Venezia e le sue isole, risiedevano circa 2500 monache, la maggior parte delle quali non si trovava in monastero per libera vocazione. Costrette contro la propria volontà ad una rigida clausura, nel corso dei secoli le monache furono al centro di numerosi scandali sessuali. Contro i loro amanti, chiamati moneghini o muneghi, la Serenissima Repubblica a partire dal 1349 emanò sistematicamente numerose e sempre più dure leggi, nel tentativo di arginare un crimine che si riteneva attirasse sulla città l’ira divina. La castità delle monache, spose di Cristo, veniva violata dai muneghi ledendo l’onore di Dio, della Repubblica e delle famiglie delle giovani vergini. Un episodio che destò molto scalpore avvenne nel 1604 nel monastero di San Daniele di Castello. Francesco Badoer e Piero Pellegrini, patrizi veneziani, vennero accusati di aver intrattenuto relazioni amorose con alcune delle monache ivi rinchiuse. Perciò nel 1605 il Consiglio dei dieci decise di intervenire severamente prevedendo la pena di morte contro i moneghini. Nonostante la dura presa di posizione del governo nei confronti dei «violatori di monache», nel 1608 il monastero di Sant’Anna salì alla ribalta delle cronache perché quindici nobili veneziani furono accusati di aver intrattenuto rapporti carnali con una monaca del monastero, che si era oltretutto data alla fuga con l’aiuto da uno dei tanti amanti. Tuttavia, analizzando le pochissime carte rimaste del procedimento penale è emerso che a nessuno dei rei fu comminata la pena di morte. L’analisi delle vicende sopracitate e della legislazione mi ha permesso di delineare il personaggio del muneghino nella sua molteplicità di aspetti.