Abstract:
"Essendo la Cina un Paese popoloso, la pianificazione familiare è una politica statale fondamentale. Lo Stato adotta tutte le misure necessarie a controllare le dimensioni della popolazione e accrescerne la qualità". (Legge sulla popolazione e pianificazione familiare della Repubblica popolare cinese, Pechino, 2002, Cap. 1, art. 2).
Con più di un miliardo e trecento milioni di persone, la Cina è il paese più popoloso al mondo,
e per porre limite al sovraffollamento, il governo cinese decise di attuare un controllo sulle nascite, che ebbe inizio con la “lettera aperta” del 1979. Lo slogan Wan, Xi, Shao, letteralmente “tardi”, “distanziati” e “pochi”, esortava la popolazione a mettere al mondo pochi figli, tardi e distanziati nel tempo. Così nelle città fu permesso un solo figlio per coppia, nelle campagne due, ma solo nel caso in cui il primo figlio fosse stato femmina, con un intervallo di almeno quattro o cinque anni. Eccezioni erano previste per le minoranze etniche, e per le coppie di genitori a loro volta figli unici, in caso di primogenito affetto da gravi malformazioni o handicap o di scomparsa dello stesso in tenera età.
La “politica di pianificazione delle nascite” vera e propria (计划控制生育) nacque negli anni ’80, dopo la fine del regime maoista e con l’ascesa al potere di Deng Xiaoping: nel periodo in cui governò venne presentato un progetto di pianificazione della crescita demografica il cui primo obiettivo consisteva nel contenimento della popolazione entro il miliardo e duecento milioni di persone al 2000, per raggiungere il fine ultimo di ridurre la popolazione a 650-700 milioni di individui entro la fine del XXI secolo; questo significò imporre il figlio unico a tutti.
Gli anni ’80 e ’90 furono i peggiori per la politica delle nascite: si registrarono migliaia di pratiche coercitive subite dalle donne che violavano la normativa o che erano costrette ad aborti forzati; negli anni ’90 infatti si registrò il più basso tasso di nascite che la storia cinese abbia mai conosciuto.
La globalizzazione del ventunesimo secolo portò all’ammorbidirsi delle rigide azioni governative; dall’attenzione alla “quantità” si passò ad una politica mirata alla “qualità”. I figli unici, sia in città che in campagna, vennero definiti “xiao huangdi”, ossia “piccoli imperatori”: genitori e parenti si impegnavano a dare loro quante più cure possibili al fine di renderli forti e sani.
Sebbene divenne ufficialmente legge nel 2002, la politica del figlio unico esercitò un controllo molto rigoroso sulle nascite per tutto il trentennio, fino al 2013, quando vennero applicate le prime modifiche volte ad estendere la legge a due figli.
Questa tesi ha come obiettivo quello di fornire un quadro chiaro della politica di pianificazione delle nascite in Cina attraverso la traduzione di tre articoli specialistici che trattano rispettivamente dell’origine sociale della politica del figlio unico, analizzata da un punto di vista tecnico-scientifico e medico, del fenomeno dei “xiao huangdi”, in relazione ai “non” figli unici, la loro collocazione all’interno della società e i giudizi dell’opinione pubblica e infine delle prospettive di un eventuale modifica alla politica del figlio unico e a quali benefici porterebbe.
L’ultima parte, ma non per ordine di importanza del presente elaborato consiste nei commenti traduttologici, che mirano ad analizzare le principali strategie traduttive adottate e le problematiche lessicali e morfosintattiche emerse durante la traduzione.