Abstract:
Solzhenitcyn, un famoso pensatore russo, fu incaricato di tenere il discorso inaugurale dell’anno accademico dell’Università di Harvard nel 1978. Provenendo dal contesto sovietico, ci si sarebbe aspettati un discorso celebrativo della libertà democratica. Eppure quello che ascoltarono fu un discorso del tutto differente. Anziché celebrarla, Solzhenitcyn criticava la mentalità occidentale dominante, secondo la quale si dà per scontato, che ogni regione del mondo abbia il dovere di svilupparsi, per poter raggiungere infine, la democrazia pluralista tipica dell’America. Il pensiero occidentale predominante, vede infatti la democrazia americana come l’esempio di democrazia liberale pluralistica maggiormente sviluppato.
Le osservazioni del filosofo russo appena citato vengono tramutate in una domanda esplicita dal celebre politologo statunitense Francis Fukuyama. Nel suo articolo “The End of History” Fukuyama si interroga sulla fine della storia. Si chiede se la democrazia liberale pluralistica sia effettivamente il modello finale, l’apice del percorso umano nella storia. Per poter rispondere a questa domanda occorre indagare le caratteristiche, i paradossi insiti nella democrazia americana, le sue peculiarità e il suo sviluppo storico.
Dopo aver ripercorso la nascita, lo sviluppo e le caratteristiche del sistema americano, si può indagare il dibattito filosofico sulla democrazia americana: come veniva percepita dagli americani stessi negli anni Novanta? Quali erano le questioni identificate come più problematiche, da parte di professori di scienze politiche statunitensi e di giornalisti di varie testate? Quali erano le questioni più spinose, gli “shortcomings” più evidenti e più percepiti del sistema americano, secondo l’Intellighenzia statunitense? Il periodo storico scelto è stato dettato dal fatto che la ricerca voleva essere il più attuale possibile, senza tuttavia rischiare di perdere la prospettiva storica, avvicinandosi troppo all’era attuale. Gli anni Novanta hanno visto salire alla presidenza americana George H. W. Bush, Bill Clinton e George W. Bush.
Nell’era attuale, all’apparenza, può sembrare che il pensiero filosofico non incida troppo sull’operato politico. Tuttavia esso rimane il punto di partenza da cui scaturiscono le realtà politiche.
Se anche non si trovano segni di grandi sistemi di pensiero, simili a quelli ottocenteschi, ciò non significa che il pensiero politico abbia smesso di avere la sua funzione e la sua portata.
A partire da questi spunti, si è indagata la nascita della democrazia americana, ottenendo una chiara cognizione delle istituzioni pensate dai “Framers”, ovvero i Padri Costituenti americani. Nel corso del tempo si è assistiti a diverse trasformazioni istituzionali.
Per quanto riguarda invece il dibattito sulla democrazia americana negli anni Novanta, si sono prese in considerazione opere di molti professori di scienze politiche statunitensi, di diverse università americane ed articoli di giornalisti delle maggiori testate americane.
Ci si è concentrati su due aspetti in particolare:
il dibattito sui poteri dell’esecutivo, ossia su come la figura del Presidente sia stata interpretata in una certa maniera negli anni Novanta. Questa interpretazione della Presidenza ha avuto determinate ripercussioni sulla politica estera statunitense. Il secondo aspetto indagato è la retorica politica della democrazia americana. Per retorica si intende la lingua del dibattito pubblico. A partire dallo spunto dell’opera “La fine del dibattito pubblico” di Mark Thompson, si va ad indagare l’impatto della retorica politica sulle trasformazioni della democrazia americana.