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L’elaborato in questione vuole mettere in luce le polarità e le dicotomie dell’artista tedesco Joseph Beuys (1921-1986) in quanto figura emblematica del XX secolo. Il focus è sull’intento sociale, politico ed ecologico del suo operato artistico.
La tesi si sviluppa in tre macro-capitoli. Il primo getta le premesse teorico-filosofiche che serviranno per comprendere al meglio l’artista: si parla delle avanguardie (in particolare del Dadaismo e del Surrealismo) e dello sfaldamento dei confini tra arte e vita. A questo proposito s’introducono le teorie d’avanguardia rispettivamente dei critici letterari P. Bürger (Theorie der Avantgarde, 1974) e R. Poggioli (Teorie dell’arte d’avanguardia, 1962).Viene sviluppato, di conseguenza, il pensiero filosofico ed estetico di due personalità legate a Beuys per provenienza e per momento storico: H. Marcuse e T. W. Adorno, due pensatori tedeschi della Scuola di Francoforte. In un paragrafo a parte vengono introdotte, poi, le più recenti riflessioni sull’avanguardia del filosofo francese Jean-Pierre Cometti, che parte proprio dal pensiero di P. Bürger, rielaborandolo.
Il secondo capitolo si cala invece, in medias res, nella vita e nell’opera dell’artista J. Beuys. Si introduce così la sua poetica con la teoria della Soziale Plastik, il «concetto ampliato d’arte», la «teoria del calore» dei materiali e la controimmagine. Si esaminano, inoltre, il periodo di transizione di Beuys all’interno del gruppo internazionale Fluxus, che si contraddistingue per la realizzazione delle sue prime performances e azioni e i suoi illustri interventi nell’ambito dell’ecologia, come il progetto italiano Difesa della Natura, sviluppatosi nei primi anni Ottanta. La seconda parte di questo capitolo analizza invece J. Beuys nel suo aspetto d’attivista e d’uomo politico: vengono studiate, dunque, alcune delle sue più importanti imprese come la collaborazione alla fondazione del «Partito dei Verdi» tedesco (Die Grünen) e la F.I.U («Free International University»).
Il terzo e ultimo capitolo, infine, trae le conclusioni da questo complesso e articolato scenario: si cerca di smentire l’ipotesi proposta da P. Bürger di J. Beuys come un «frontaliere» a metà tra l’arte e l’antiarte. Si esamina l’inclinazione antropologica dell’arte di Beuys, in quanto mezzo e mai fine, per sviluppare in meglio la società, facendo presa sulla creatività dell’uomo. Infine si apportano delle considerazioni, a posteriori, sulla perdita d’efficacia e d’impatto comunicativo delle performances, azioni e discussioni realizzate dall’artista, al momento della loro musealizzazione. |
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