dc.contributor.advisor |
Jacomuzzi, Alessandra Cecilia |
it_IT |
dc.contributor.author |
Caroli, Celeste <1992> |
it_IT |
dc.date.accessioned |
2018-02-19 |
it_IT |
dc.date.accessioned |
2018-06-22T08:41:33Z |
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dc.date.issued |
2018-03-07 |
it_IT |
dc.identifier.uri |
http://hdl.handle.net/10579/12176 |
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dc.description.abstract |
A partire dagli anni Novanta l’Italia è diventata un paese d’immigrazione e si è trovata a dover far fronte all’accoglienza di richiedenti protezione internazionale e rifugiati. Il sistema di accoglienza Italiano è nato prima nella pratica, nella spinta solidaristica dei cittadini e delle associazioni per arrivare poi alla sua istituzionalizzazione solo negli anni Duemila con la creazione del Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Dal 2011 in concomitanza dell’emergenza Nord Africa il numero di ingressi e delle relative domande d’asilo è cresciuto in maniera esponenziale.
Secondo le stime della Fondazione ISMU in Italia nel 2016 sono stati registrati 181mila arrivi, sono state presentate 123 mila domande d’asilo e in più di 36 mila casi è stata riconosciuta una forma di protezione internazionale o umanitaria. I numeri riportati ci dimostrano la necessità di trovare delle risposte lungimiranti in merito all'accoglienza dei richiedenti asilo ma non solo. Considerata la percentuale di beneficiari di protezione internazionale o umanitaria è tempo di pensare ad una forma di “terza accoglienza” ovvero una post-accoglienza dedicata a coloro che una volta ottenuto uno status di protezione devono lasciare i centri della rete istituzionale senza avere però concluso, e in alcuni casi avviato, un percorso verso l’autonomia lavorativa, abitativa e d’inclusione sociale nelle comunità locali. Un modello innovativo che è stato sperimentato dalla rete Sprar, dal terzo settore e dal volontariato è quello dell’accoglienza in famiglia. Questa formula prevede l’inserimento del rifugiato all’interno di un contesto familiare e coinvolge la famiglia, intesa come luogo e sistema di relazioni, e la comunità nel processo di inclusione del soggetto.
Diverse le esperienze attivate dal 2008 a oggi tutte con l’ambizioso obiettivo di favorire da un lato il percorso di autonomia personale, lavorativa e abitativa del beneficiario attraverso l’inclusione attiva nella comunità locale e dall'altro di offrire un’opportunità di crescita per la comunità sensibilizzandola al tema dell’asilo. |
it_IT |
dc.language.iso |
it |
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dc.publisher |
Università Ca' Foscari Venezia |
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dc.rights |
© Celeste Caroli, 2018 |
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dc.title |
é tempo di terza accoglienza.
L'inserimento in famiglia come modello per l'integrazione dei titolari protezione internazionale o umanitaria. |
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dc.title.alternative |
È tempo di terza accoglienza. L'inserimento in famiglia come modello per l'integrazione dei titolari protezione internazionale o umanitaria. |
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dc.type |
Master's Degree Thesis |
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dc.degree.name |
Lavoro, cittadinanza sociale, interculturalità |
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dc.degree.level |
Laurea magistrale |
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dc.degree.grantor |
Scuola in Servizio Sociale e Politiche Pubbliche |
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dc.description.academicyear |
2016/2017, sessione straordinaria |
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dc.rights.accessrights |
closedAccess |
it_IT |
dc.thesis.matricno |
836600 |
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dc.subject.miur |
M-PSI/05 PSICOLOGIA SOCIALE |
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dc.description.note |
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dc.degree.discipline |
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dc.contributor.co-advisor |
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dc.date.embargoend |
10000-01-01 |
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dc.provenance.upload |
Celeste Caroli (836600@stud.unive.it), 2018-02-19 |
it_IT |
dc.provenance.plagiarycheck |
Alessandra Cecilia Jacomuzzi (alessandra.jacomuzzi@unive.it), 2018-03-05 |
it_IT |