Abstract:
Il rischio di credito ha da sempre costituito la principale causa delle perdite registrate dalle istituzioni finanziare durante l’esercizio della loro attività.
La necessità di gestire tale situazione, se da un lato ha portato alla nascita e al conseguente sviluppo di modelli analitici funzionali alla quantificazione del rischio di credito, dall’altro è stata supportata dalla normativa di vigilanza, mediante la definizione di criteri di adeguatezza patrimoniale, al fine di promuovere una maggiore solidità ed efficienza del sistema bancario internazionale.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto rileva l’accordo sul capitale, che ha avuto la sua prima formulazione nel 1988 e che è stato successivamente oggetto di continui aggiornamenti e modifiche, fino ad arrivare alla definizione del nuovo impianto regolamentare, conosciuto con il nome di Basilea 3.
Il principio di adeguatezza patrimoniale, in un’ottica di gestione del rischio di credito, trova applicazione con riferimento a tutte le posizioni bancarie per le quali è previsto il pagamento, da parte del debitore, di somme di denaro prestabilite.
Tuttavia ai nostri fini si cercherà, dapprima, di rappresentare ed analizzare l’andamento negli ultimi dieci anni dei titoli governativi emessi dallo stato italiano, per poi individuare, con riferimento ad un campione casuale di banche italiane, il possibile impatto patrimoniale derivante da un’ipotetica modifica normativa che attribuisce un diverso trattamento prudenziale a quelle esposizioni verso o garantite da amministrazioni centrali e banche centrali per le quali, in un contesto di applicazione del metodo standardizzato ai fini della determinazione del requisito minimo patrimoniale, è previsto attualmente un fattore di ponderazione nullo.