Abstract:
La presente tesi mira a investigare i modi in cui il concetto di “female agency” viene espresso all’interno della ristretta produzione poetica in inglese antico riguardante la figura femminile. Partendo dalla descrizione di come la cornice socio-politica nonché culturale dell’Inghilterra nell’era Anglo-Sassone concepiva l’idea di “female performativity”, andremo a vedere in che modo le donne erano allo stesso tempi assenti (data la loro invisibilità narrativa) e presenti (grazie alle loro voci). L’identità di genere di queste poesie dipende anche da alcuni indizi linguistici, dal momento che elementi sia morfologici che semantici sono stati spesso chiamati in causa nelle analisi dei testi con l’obbiettivo di individuare un possibile linguaggio femminile contrapposto a quello maschile. Le parole di queste anonime donne risuonano in particolar modo nelle due notoriamente ambigue elegie contenute all’interno dell’Exeter Book, manoscritto che doveva presumibilmente rappresentare un manuale di linee guida per le figure più emarginate nella società Anglo-Sassone (e le donne erano sicuramente considerate tali all’epoca). The Wife’s Lament e Wulf and Eadwacer sono state quindi da lungo tempo oggetto dei più disparati dibattiti accademici, specialmente riguardo il loro vago contesto e la questione del punto di vista narrativo. Essendo dunque una straordinaria e rara testimonianza di due voci femminili in un mondo incentrato sull’importanza delle gesta eroiche, vedremo come queste poesie furono oggetto delle più svariate interpretazioni, e in che modo l’idea di “female agency” è stata articolata attraverso di esse, suggerendo un modello di comportamento ritenuto socialmente accettabile per le donne in epoca Anglo-Sassone.