Abstract:
Il progetto di tesi nasce da un’esperienza che ha cambiato la mia vita una volta terminato il percorso di laurea triennale in relazioni internazionali e diritti umani.
Un progetto di volontariato in Kosovo mi ha fatto scontrare con una realtà dalla potenza devastante: le cicatrici che una guerra relativamente vicina nel tempo (all’epoca, 13 anni prima), ha lasciato sulla pelle, nelle menti e nei cuori di una popolazione.
Il rancore verso “i nemici” era ancora palpabile e la riconciliazione sembrava impossibile, o meglio inaccettabile, anche a me. Quello che mancava al tempo non sono solo i molti mariti, figli e padri scomparsi nel 1999, ma anche il senso di giustizia per i sopravvissuti, e così è tutt’ora.
Approfondendo la conoscenza dei Balcani, ho potuto constatare che simili dinamiche sono ricorrenti in altre aree che il conflitto degli anni ’90 ha distrutto, come in Bosnia Erzegovina, dove le madri di Srebrenica ogni mese manifestano e chiedono giustizia per i parenti scomparsi. I “missing” sono migliaia in entrambi i Paesi, in Bosnia sono ancora molte le fosse comuni secondarie e terziarie non ancora trovate.
I concetti di memoria e giustizia in questi contesti di post-conflitto sono impregnati di dolore e rancore, e le vittime, sono vittime “due volte”.
Le iniziative di riparazione che puntano al dialogo, all’incontro e all’emergere di una verità comune che porterebbero alla riparazione per le vittime esistono, ma la politica sembra annientarne la portata innovativa, che, secondo la natura dell’approccio, dovrebbe riconsegnare il conflitto alle parti, ma soprattutto togliere alle vittime le vestigia di oppressione, lutto e persecuzione.
Dal termine del conflitto nei Balcani ai giorni nostri questi tentativi non hanno avuto né molto appoggio istituzionale né efficacia sociale e il termine riconciliazione, come vedremo nelle interviste, difficilmente viene utilizzato da chi ha vissuto il conflitto ed ora vive in questi luoghi.
Le ferite nei due Paesi sono ancora aperte anche a causa del veto che le élite politiche pongono su qualsiasi percorso verso la ricostruzione dei legami tra le persone che il conflitto ha lacerato.
Date queste premesse, la mia domanda di ricerca è duplice e riguarda
- l’accettabilità sociale nei confronti delle iniziative che comportano il dialogo e l’incontro tra le parti (pilastri dell’approccio riparativo),
- quali sono i fattori che possono facilitare la riconciliazione tra queste.