Abstract:
Il presente lavoro intende, sfruttando e sviluppando teorie interpretative appartenenti alla tradizione degli studi culturali, e in particolare di strumenti di critica testuale discorsiva ricavata sul modello saidiano, analizzare alcune rappresentazioni della Cina prodotte da una selezione di autori italiani durante il periodo che si apre con il viaggio della prima delegazione ufficiale italiana del ’55 fino al principio degli anni ’80. Variamente influenzate dai percorsi artistici dei singoli autori, dalle loro affiliazioni ideologiche, necessariamente implicate in dispute ideali che oppongono impegno e disimpegno, tradizione e avanguardia, le rappresentazioni contenute nei reportage del secondo dopoguerra costruiscono tante Cine con forme artistiche e letterarie “non obiettive e non mimetiche”. Questi testi mostrano la nascita e l’evoluzione di nuove forme di chinoiserie: una “politica”, che interpreta il socialismo cinese a uso di un pubblico italiano, e una “poetica”, che la Cina trasfigura attraverso il ricordo e l’immaginazione autoriale. Engagées o motivate da un interesse esclusivamente poetico, le chinoiseries rimangono lontane dall’oggetto che vogliono descrivere: dietro la rappresentazione si scorge sempre l’Italia e i bisogni e le aspirazioni del suo mondo intellettuale.