Abstract:
Questo lavoro delinea le fasi attraverso le quali il Museo Imperiale di Istanbul, da collezione di artefatti eterocliti custoditi nella chiesa bizantina di Sant’Irene, si trasforma in una struttura organica e ordinata in base ai canoni dell’archeologia moderna prima per opera di Fethi Pascià, ispiratore e artefice del progetto iniziale intorno agli anni Cinquanta dell’Ottocento, poi di Osman Hamdi, abile direttore di formazione culturale francese. Nel corso della trattazione vengono, di volta in volta, presi in esame i contenuti dei cataloghi redatti dai vari collaboratori (Dumont, Goold, Déthier, Reinach, Joubin, Mendel) e riguardanti l’arricchimento delle collezioni di reperti che nel tempo conferiscono al Museo una rilevanza pari a quella dei musei occidentali. Infine, l’attenzione viene posta su alcuni artefatti rinvenuti a Palmira e iscritti in aramaico e su altri, portati alla luce in Palestina, recanti brevi testi epigrafici in ebraico, tutti giunti al Museo grazie all’osservanza delle disposizioni della legislazione ottomana sulle antichità del 1874 e del 1884.