Abstract:
L’obiettivo della mia tesi è quello di indagare il contesto in cui nasce e si sviluppa il pensiero ecofemminista nell’ India post-indipendenza. Nel primo capitolo, lo scopo è quello di partire da un quadro generale e teorico dei principi ecologici e femministi sviluppati da attiviste indiane, tra cui Vandana Shiva. Quest’ultima spiega il discorso che legittima una gestione sconsiderata della natura, le metafore di sviluppo che nascondono interessi capitalistici, ma soprattutto le conseguenze di tutto ciò in India, dove l’ambiente circostante è fonte primaria di sussistenza e dove forme antiche di conoscenza ecologica, conservata dalle donne dei villaggi, viene minacciata da progetti di uno sviluppo ineguale. Nel secondo capitolo si passa alla situazione concreta dell’azione collettiva, portata avanti per prima dalle donne del movimento Chipko. Queste donne, provenienti dalle regioni montuose dell’Himalaya, sono state le prime vittime di pratiche forestali a scopi industriali che hanno distrutto i loro mezzi di sostentamento. Per questo motivo si sono organizzate creando un fronte comune di opposizione alle autorità e ai fautori dei progetti di sviluppo, diventando simbolo di sostenibilità e di simbiosi tra uomo e natura. Nel terzo capitolo l’argomento centrale è sempre l’opposizione a grandi progetti di modernizzazione territoriale, questa volta rivolto alle dighe. In particolar modo viene analizzato il caso del “Progetto di sviluppo della Valle di Narmada”, all’interno del quale la controversa costruzione della diga Sardar Sarovar ha avuto effetti devastanti sulla popolazione della valle e in particolar modo sui gruppi meno favoriti, quali contadini, tribali e donne. Anche in questo caso movimenti dal basso hanno cominciato a organizzarsi contando un consistente numero di donne, e quindi contribuendo a una nuova consapevolezza del loro ruolo come agenti attivi nelle trasformazioni sociali delle comunità dei villaggi. Le loro proteste hanno ottenuto importanti risultati a livello locale ma anche internazionale. Filo conduttore dei vari movimenti di opposizione citati è il loro modus operandi, ossia il principio gandhiano del Satyagraha e della resistenza non violenta.